La legge n. 225 del 1992 - che istituisce il Servizio Nazionale - definisce le attività di protezione civile: previsione e prevenzione dei rischi, soccorso alla popolazione colpite, contrasto e superamento dell’emergenza, e mitigazione del rischio. Alle attività di protezione civile concorrono diverse amministrazioni e istituzioni, pubbliche e private, che la legge individua quali componenti e strutture operative del Servizio Nazionale.
In ordinario. Le componenti e strutture operative del Servizio Nazionale sono impegnate, per i diversi ambiti di competenza e responsabilità, in attività di previsione e nella programmazione di azioni di prevenzione e mitigazione del rischio. In questo processo è centrale il coinvolgimento della comunità tecnico-scientifica, attraverso la rete dei Centri funzionali - che realizzano quotidianamente, a livello centrale e regionale, attività di previsione, monitoraggio, sorveglianza e allertamento - e dei Centri di competenza, strutture che svolgono ricerca o forniscono servizi di natura tecnico-scientifica per finalità di protezione civile. Comuni, province e prefetture si dedicano inoltre all’aggiornamento dei piani di emergenza, strumenti indispensabili di prevenzione, sulla base delle linee guida e agli indirizzi regionali e nazionali. Anche il singolo cittadino, in quanto componente del Servizio Nazionale, ha un ruolo di primo piano nelle attività di prevenzione dei rischi. Obiettivo delle attività ordinarie di diffusione della conoscenza di protezione civile e di sensibilizzazione della popolazione è proprio formare un cittadino più consapevole e preparato.
In emergenza. Quando un evento colpisce un territorio, il Sindaco - unica Autorità di protezione civile nell’ambito del Servizio Nazionale - ha il compito di assicurare i primi soccorsi alla popolazione, coordinando le strutture operative locali sulla base del piani comunali di emergenza (evento di tipo “a”). Se i mezzi e le risorse a disposizione del Comune non sono sufficienti a fronteggiare l’emergenza, intervengono la Provincia, la Prefettura - Uffici territoriale del governo, e la Regione, che attivano le risorse disponibili sui territori di propria competenza (evento di tipo “b”). Nelle situazioni più gravi, su richiesta del Governo regionale, subentra il livello nazionale, con la dichiarazione dello stato di emergenza (evento di tipo “c”): il coordinamento degli interventi viene assunto direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che opera attraverso il Dipartimento della Protezione Civile. È in questi casi che il Servizio Nazionale viene impegnato in tutte le sue componenti e strutture operative.
La protezione civile nata per il soccorso in emergenza, ha sviluppato negli anni sistemi di previsione e prevenzione dei fenomeni per proteggere la vita dei cittadini e il patrimonio delle comunità. Grazie alla collaborazione con enti, istituti e gruppi di ricerca il Dipartimento della Protezione Civile ha promosso studi e ricerche per migliorare la conoscenza del territorio, valutare la portata dei fenomeni e sviluppare strategie innovative per il contenimento dei danni.
Sistema di allertamento nazionale. Al Sistema di allertamento concorrono sia il Dipartimento di Protezione civile sia le Regioni e le Province autonome attraverso la Rete dei Centri funzionali, costituita dai Centri Funzionali decentrati ( uno per Regione) e dal Centro Funzionale centrale ( presso il Dipartimento). Spetta proprio alla rete dei Centri funzionali svolgere quell’attività di previsione, monitoraggio e sorveglianza in tempo reale dei fenomeni meteorologici che rende possibile la prefigurazione dei possibili conseguenti scenari di rischio. L’allertamento del Sistema di protezione civile, ai vari livelli territoriali, è invece compito e responsabilità dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome o dei soggetti da loro delegati (per esempio il Direttore della Protezione civile regionale).
Zone d’allerta. Ai fini della previsione e della prevenzione del rischio idrogeologico e idraulico, secondo la direttiva del 27 febbraio 2004, le Regioni e le Province autonome, anche cooperando tra loro e d'intesa con il Dipartimento, hanno suddiviso e/o aggregato i bacini idrografici di propria competenza in zone di allerta, ovvero in ambiti territoriali omogenei per gli effetti idrogeologici e idraulici attesi, a seguito di eventi meteorologici avversi.
Soglie e livelli di criticità. Per ciascuna zona di allerta, le Regioni e le Province autonome, anche cooperando tra loro e d'intesa con il Dipartimento, hanno identificato alcuni possibili precursori, o indicatori, del possibile verificarsi di fenomeni di dissesto e ne hanno determinato i valori critici (es. un'intensa precipitazione in grado di provocare smottamenti o frane), in modo da costruire un sistema di soglie di riferimento. A questo sistema di soglie corrispondono degli scenari di rischio, distinti in livelli di criticità crescente: ordinaria (es. smottamenti localizzati, allagamenti di sottopassi, rigurgiti fognari, ma anche fenomeni localizzati critici come piene improvvise e colate rapide); moderata (es. esondazioni ed attivazione di frane e colate in contesti geologici critici); elevata (estese inondazioni e frane diffuse).
Livelli di allerta. Sulla base delle valutazioni e dei livelli di criticità dichiarati, al Presidente della Regione compete l’allertamento del Sistema di protezione civile locale, secondo determinati livelli di allerta che vengono comunicati anche al Dipartimento della Protezione Civile. I diversi livelli di allerta rappresentano le fasi codificate di attivazione delle strutture che comportano la messa in atto di azioni di prevenzione del rischio e gestione dell’emergenza. E’ al Sindaco che compete l’attivazione di quanto previsto nel proprio Piano di protezione civile e, in particolare, l’informazione alla popolazione. Al Dipartimento compete l’informazione e l’allertamento delle componenti statali e delle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile.
La conoscenza del territorio e delle soglie di pericolo per i vari rischi costituisce la base, oltre che per le attività di previsione, per definire gli stati di attivazione - attenzione, preallarme e allarme, per i rischi prevedibili, a cui corrispondono determinate procedure nella pianificazione di emergenza.
È compito delle componenti di protezione civile, ai vari livelli, individuare gli interventi utili a ridurre entro soglie accettabili la probabilità che si verifichino eventi disastrosi, o almeno a limitare il possibile danno. Tra queste azioni è fondamentale l’informazione alla popolazione e l’indicazione dei comportamenti da adottare in relazione ai rischi di un determinato territorio. Come previsto dalla legge n. 265 del 1999 è competenza del Sindaco - quale prima autorità di protezione civile - informare la popolazione sulle situazioni di pericolo per calamità naturali.
Programmi di previsione e prevenzione. I programmi di previsione e prevenzione sono lo strumento per individuare le priorità di intervento e i tempi con cui attuare azioni di protezione civile, in funzione della pericolosità di un evento, della vulnerabilità del territorio e della disponibilità finanziaria. Il Dipartimento della Protezione Civile dà linee guida per la preparazione dei programmi di previsione e prevenzione, sono poi gli enti locali, in particolare le Province e i Comuni, a metterli in pratica con attività di previsione e interventi di prevenzione.
Le attività di prevenzione vanno dall’individuazione dei rischi del territorio alla realizzazione di sistemi per ridurre il rischio. È il caso, ad esempio, della classificazione sismica del territorio italiano che ha permesso di delineare le norme antisismiche per la costruzione degli edifici.
Piani di emergenza. I programmi sono il presupposto per la definizione dei piani di emergenza, cioè le procedure operative da attuare quando si verifica un evento in un determinato scenario. I piani di emergenza sono distinti per rischio e riferiti ad aree specifiche del territorio italiano. Al Dipartimento compete la pianificazione di emergenza per eventi "attesi", che per natura ed estensione richiedono l'intervento degli organi centrali dello Stato. Le Regioni danno linee guida per la preparazione dei piani provinciali per gli eventi di tipo b, e i Comuni predispongono i piani per eventi di tipo a, a seconda dei rischi del loro territorio. In base a quanto previsto dalla legge n. 100 del 2012, i piani comunali di emergenza devono essere redatti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, e periodicamente aggiornati.
Informazione, formazione ed esercitazioni. Uno degli aspetti centrali della prevenzione è sensibilizzare la popolazione sui rischi del territorio, su cosa fare in caso di pericolo, e su come agevolare i soccorsi durante una calamità. A questo proposito il Dipartimento della Protezione Civile promuove campagne e attività di informazione, anche con la collaborazione di altre istituzioni e associazioni.
Compito del Servizio nazionale della protezione civile è agire in modo da ridurre al minimo il tempo che intercorre tra una calamità e i primi soccorsi e interventi. A questo proposito è attiva nel Dipartimento della Protezione Civile una sala operativa di monitoraggio, denominata Sistema, in funzione 24 ore su 24, che ha il compito di raccogliere, verificare e diffondere le informazioni alle componenti e alle strutture operative, sia a livello centrale che locale.
Eventi di protezione civile. Per identificare più facilmente quale componente della protezione civile deve mobilitarsi per prima, la legge 225 del 1992 all’art. 2 ha classificato gli eventi, secondo estensione e gravità, in tre tipi:
Nella gestione delle emergenze di tipo c, il Dipartimento della Protezione Civile ha la funzione di coordinamento per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita. Con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, vengono individuate le iniziative, i fondi e i responsabili della gestione del post-emergenza, come Commissari delegati o Soggetti attuatori.
Il Dipartimento promuove queste iniziative in collaborazione con i Governi regionali e le altre amministrazioni competenti, e in linea con i programmi di tutela e risanamento del territorio. Le azioni variano in base al tipo di rischio e all’entità dell’evento e comprendono le diverse azioni necessari al ripristino delle normali condizioni di vita.
Ad esempio, per l'emergenza Terremoto Abruzzo, una delle attività fondamentali è stato il rilevamento dell’agibilità delle costruzioni e l'organizzazione e gestione della fase post-terremoto con la costruzione di abitazioni provvisorie, e la realizzazione di scuole ed edifici pubblici temporanei per garantire la ripresa della normalità.
Attività di previsione
La protezione civile nata per il soccorso in emergenza, ha sviluppato negli anni sistemi di previsione e prevenzione dei fenomeni per proteggere la vita dei cittadini e il patrimonio delle comunità. Grazie alla collaborazione con enti, istituti e gruppi di ricerca il Dipartimento della Protezione Civile ha promosso studi e ricerche per migliorare la conoscenza del territorio, valutare la portata dei fenomeni e sviluppare strategie innovative per il contenimento dei danni.
Sistema di allertamento nazionale. Al Sistema di allertamento concorrono sia il Dipartimento di Protezione civile sia le Regioni e le Province autonome attraverso la Rete dei Centri funzionali, costituita dai Centri Funzionali decentrati ( uno per Regione) e dal Centro Funzionale centrale ( presso il Dipartimento). Spetta proprio alla rete dei Centri funzionali svolgere quell’attività di previsione, monitoraggio e sorveglianza in tempo reale dei fenomeni meteorologici che rende possibile la prefigurazione dei possibili conseguenti scenari di rischio. L’allertamento del Sistema di protezione civile, ai vari livelli territoriali, è invece compito e responsabilità dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome o dei soggetti da loro delegati (per esempio il Direttore della Protezione civile regionale).
Zone d’allerta. Ai fini della previsione e della prevenzione del rischio idrogeologico e idraulico, secondo la direttiva del 27 febbraio 2004, le Regioni e le Province autonome, anche cooperando tra loro e d'intesa con il Dipartimento, hanno suddiviso e/o aggregato i bacini idrografici di propria competenza in zone di allerta, ovvero in ambiti territoriali omogenei per gli effetti idrogeologici e idraulici attesi, a seguito di eventi meteorologici avversi.
Soglie e livelli di criticità. Per ciascuna zona di allerta, le Regioni e le Province autonome, anche cooperando tra loro e d'intesa con il Dipartimento, hanno identificato alcuni possibili precursori, o indicatori, del possibile verificarsi di fenomeni di dissesto e ne hanno determinato i valori critici (es. un'intensa precipitazione in grado di provocare smottamenti o frane), in modo da costruire un sistema di soglie di riferimento. A questo sistema di soglie corrispondono degli scenari di rischio, distinti in livelli di criticità crescente: ordinaria (es. smottamenti localizzati, allagamenti di sottopassi, rigurgiti fognari, ma anche fenomeni localizzati critici come piene improvvise e colate rapide); moderata (es. esondazioni ed attivazione di frane e colate in contesti geologici critici); elevata (estese inondazioni e frane diffuse).
Livelli di allerta. Sulla base delle valutazioni e dei livelli di criticità dichiarati, al Presidente della Regione compete l’allertamento del Sistema di protezione civile locale, secondo determinati livelli di allerta che vengono comunicati anche al Dipartimento della Protezione Civile. I diversi livelli di allerta rappresentano le fasi codificate di attivazione delle strutture che comportano la messa in atto di azioni di prevenzione del rischio e gestione dell’emergenza. E’ al Sindaco che compete l’attivazione di quanto previsto nel proprio Piano di protezione civile e, in particolare, l’informazione alla popolazione. Al Dipartimento compete l’informazione e l’allertamento delle componenti statali e delle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile.
È compito delle componenti di protezione civile, ai vari livelli, individuare gli interventi utili a ridurre entro soglie accettabili la probabilità che si verifichino eventi disastrosi, o almeno a limitare il possibile danno. Tra queste azioni è fondamentale l’informazione alla popolazione e l’indicazione dei comportamenti da adottare in relazione ai rischi di un determinato territorio. Come previsto dalla legge n. 265 del 1999 è competenza del Sindaco - quale prima autorità di protezione civile - informare la popolazione sulle situazioni di pericolo per calamità naturali.
Programmi di previsione e prevenzione. I programmi di previsione e prevenzione sono lo strumento per individuare le priorità di intervento e i tempi con cui attuare azioni di protezione civile, in funzione della pericolosità di un evento, della vulnerabilità del territorio e della disponibilità finanziaria. Il Dipartimento della Protezione Civile dà linee guida per la preparazione dei programmi di previsione e prevenzione, sono poi gli enti locali, in particolare le Province e i Comuni, a metterli in pratica con attività di previsione e interventi di prevenzione.
Le attività di prevenzione vanno dall’individuazione dei rischi del territorio alla realizzazione di sistemi per ridurre il rischio. È il caso, ad esempio, della classificazione sismica del territorio italiano che ha permesso di delineare le norme antisismiche per la costruzione degli edifici.
Piani di emergenza. I programmi sono il presupposto per la definizione dei piani di emergenza, cioè le procedure operative da attuare quando si verifica un evento in un determinato scenario. I piani di emergenza sono distinti per rischio e riferiti ad aree specifiche del territorio italiano. Al Dipartimento compete la pianificazione di emergenza per eventi "attesi", che per natura ed estensione richiedono l'intervento degli organi centrali dello Stato. Le Regioni danno linee guida per la preparazione dei piani provinciali per gli eventi di tipo b, e i Comuni predispongono i piani per eventi di tipo a, a seconda dei rischi del loro territorio. In base a quanto previsto dalla legge n. 100 del 2012, i piani comunali di emergenza devono essere redatti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, e periodicamente aggiornati.
Informazione, formazione ed esercitazioni. Uno degli aspetti centrali della prevenzione è sensibilizzare la popolazione sui rischi del territorio, su cosa fare in caso di pericolo, e su come agevolare i soccorsi durante una calamità. A questo proposito il Dipartimento della Protezione Civile promuove campagne e attività di informazione, anche con la collaborazione di altre istituzioni e associazioni.
Il Dipartimento promuove anche attività di formazione, in stretta collaborazione con gli enti territoriali per favorire la crescita di una “cultura di protezione civile”. Le attività sono rivolte al volontariato, ai "livelli territoriali competenti" cioè regioni, province, comunità montane e comuni e alla scuola.
Anche con le esercitazioni si realizzano attività di prevenzione perché vengono valutate l’efficacia e la validità di un modello di intervento per fronteggiare un’emergenza, i piani, le procedure decisionali e la gestione dell’informazione. Le esercitazioni vengono promosse ad ogni livello del Servizio Nazionale, e quando organizzate dal Dipartimento prevedono anche il coinvolgimento di altri paesi.
Con la legge n. 100 del 2012 – che va ad esplicitare le singole attività di prevenzione volte a evitare o a ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi – per la prima volta si parla chiaramente di allertamento, pianificazione, formazione, diffusione della conoscenza di protezione civile, informazione alla popolazione, applicazione della normativa tecnica e di esercitazioni.
Attività di soccorso
Quando si verifica una calamità, Sistema raccoglie le informazioni sulla portata dell'evento e valuta se le risorse locali siano sufficienti a farvi fronte.
Eventi di protezione civile. Per identificare più facilmente quale componente della protezione civile deve mobilitarsi per prima, la legge 225 del 1992 all’art. 2 ha classificato gli eventi, secondo estensione e gravità, in tre tipi:
- eventi a: eventi naturali, connessi con l’attività dell’uomo, su cui possono intervenire singoli enti e amministrazioni in via ordinaria.
- eventi b: eventi naturali, connessi con l’attività dell’uomo, che comportano l’intervento coordinato di più enti e amministrazioni in via ordinaria.
- eventi c: calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione devono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.
Piani di emergenza. Per garantire una risposta efficace alle calamità, agli enti locali spetta la pianificazione per la gestione dell’evento, che individua gli scenari di rischio del territorio, la strategia e il modello di intervento, le responsabilità e il sistema di scambio di informazioni tra sistema centrale e periferico. Il Dipartimento della Protezione CIvile definisce i criteri generali per la pianificazione di emergenza e li indirizza alle Regioni, che danno indicazioni per la preparazione dei piani provinciali e comunali. Province e Comuni predispongono i piani a seconda dei rischi del loro territorio.
Coordinamento delle attività nei centri operativi. Ai vari livelli territoriali e funzionali, il coordinamento segue i principi del metodo Augustus, che permette una gestione semplice e flessibile dell'emergenza. Gli organi di coordinamento sono i "centri operativi", organizzati in funzioni di supporto, associate a diversi settori di attività e di intervento, es. “Tecnica e pianificazione” o “Volontariato”. Per ciascuna funzione è individuato un responsabile che, in situazione ordinaria, provvede all’aggiornamento dei dati e delle procedure in emergenza, in emergenza invece coordina e garantisce il raccordo con le diverse funzioni.
Attivazione del Dipartimento. In base alla situazione prevista o in atto, il centro di coordinamento Sistema, attivo presso la Sala Situazione Italia, assume diversi gradi di attivazione, chiamati Stati di configurazione, secondo una procedura interna. In caso di eventi di tipo c, la Sala Operativa si configura come Unità di crisi e viene convocato il Comitato operativo, che ha il compito di indirizzare e coordinare l’intervento in emergenza.
Negli ultimi anni con il lavoro sistematico e l'iniziativa delle strutture decentrate soprattutto a livello regionale, si sono ridotti i tempi medi di soccorso. È anche aumentata la conoscenza delle azioni necessarie e la capacità di operare per ridurre il danno alle persone, alle cose, al patrimonio artistico e ai beni culturali e i tempi per il ripristino delle normali condizioni di vita nelle zone disastrate.
Attività di post-emergenza
Il Dipartimento promuove queste iniziative in collaborazione con i Governi regionali e le altre amministrazioni competenti, e in linea con i programmi di tutela e risanamento del territorio. Le azioni variano in base al tipo di rischio e all’entità dell’evento e comprendono le diverse azioni necessari al ripristino delle normali condizioni di vita.
Ad esempio, per l'emergenza Terremoto Abruzzo, una delle attività fondamentali è stato il rilevamento dell’agibilità delle costruzioni e l'organizzazione e gestione della fase post-terremoto con la costruzione di abitazioni provvisorie, e la realizzazione di scuole ed edifici pubblici temporanei per garantire la ripresa della normalità.
Nessun commento:
Posta un commento